Codice Civile art. 2797 - Forme della vendita.

Rosaria Giordano

Forme della vendita.

[I]. Prima di procedere alla vendita il creditore, a mezzo di ufficiale giudiziario, deve intimare al debitore di pagare il debito e gli accessori, avvertendolo che, in mancanza, si procederà alla vendita. L'intimazione deve essere notificata anche al terzo che abbia costituito il pegno.

[II]. Se entro cinque giorni dall'intimazione non è proposta opposizione, o se questa è rigettata, il creditore può far vendere la cosa al pubblico incanto, o, se la cosa ha un prezzo di mercato, anche a prezzo corrente [1515], a mezzo di persona autorizzata a tali atti [83 att.]. Se il debitore non ha residenza o domicilio eletto nel luogo di residenza del creditore, il termine per l'opposizione è determinato a norma dell'articolo 166 (1) del codice di procedura civile.

[III]. Il giudice, sull'opposizione del costituente, può limitare la vendita a quella tra più cose date in pegno, il cui valore basti a pagare il debito.

[IV]. Per la vendita della cosa data in pegno le parti possono convenire forme diverse [2744].

(1) Ad opera della l. 14 luglio 1950, n. 581 il richiamo all'art. 166 c.p.c. va inteso all'art. 163-bis c.p.c.

Inquadramento

La disposizione in esame disciplina il potere del creditore pignoratizio di ottenere la vendita della cosa, mediante una procedura più snella di quella comune dettata per l'esecuzione forzata, al fine di soddisfarsi su di essa e, dunque, di realizzare la garanzia pignoratizia.

Tale forma di esecuzione forzata non ha quale presupposto la specifica formazione di un titolo esecutivo (Gabrielli, 2005, 317).

Prima di procedere alla vendita il creditore, a mezzo di ufficiale giudiziario, deve intimare al debitore, ovvero al terzo che abbia costituito il pegno, di pagare il debito e gli accessori, avvertendolo che, in mancanza, si procederà alla vendita.

La procedura è peraltro derogabile consensualmente.

La soddisfazione del creditore pignoratizio nell'esecuzione forzata speciale

Nell'ipotesi di inadempimento, il creditore garantito da pegno sul bene, per il conseguimento di quanto gli è dovuto, può far vendere la cosa ricevuta in pegno nelle forme previste dalla disposizione in esame.

La prima peculiarità da evidenziare è che tale forma di esecuzione forzata non ha quale presupposto la specifica formazione di un titolo esecutivo (Gabrielli, 2005, 317).

Il comma 1 della norma stabilisce che, prima di procedere alla vendita il creditore, a mezzo di ufficiale giudiziario, deve intimare al debitore, ovvero al terzo che abbia costituito il pegno, di pagare il debito e gli accessori, avvertendolo che, in mancanza, si procederà alla vendita.

Tale onere, tuttavia, non è prescritto a pena di nullità: di conseguenza, lo scopo deve ritenersi raggiunto nel caso in cui, pur non essendo stata adempiuta tale formalità, la diffida sia comunque pervenuta all'interessato. Invero, sull'assunto per il quale la norma in esame prevede la cosiddetta esecuzione espropriativa mobiliare privata, alternativa (a scelta del creditore pignoratizio) rispetto all'esecuzione espropriativa mobiliare giudiziale, si è evidenziato che l'intimazione e l'avvertimento di cui al comma 1 dell'articolo medesimo possono avvenire anche tramite lettera raccomandata, purché il datore di pegno sia posto in condizione di proporre l'opposizione di cui al comma 2 (Trib. Milano 23 marzo 2000, in Giur. milanese, 2000, 263).

È stato chiarito, poi, che, sebbene l'art. 2797, comma 1 c.c. nulla disponga in ordine alla notifica dell'atto di intimazione al terzo proprietario del bene costituito in pegno, è necessaria la notifica dell'intimazione anche a quest'ultimo al fine precipuo di rendere effettivo il suo diritto a proporre opposizione, essendo il terzo proprietario il soggetto contro il quale si svolge l'esecuzione forzata (Trib. Milano sez. spec. Impresa, 8 maggio 2015, n. 5841

Nell'ipotesi di omessa notifica dell'intimazione, il debitore è legittimato alla proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi (Cass. III, n. 10111/2000).

In ogni caso, la S.C. ha affermato che il procedimento delineato dalla norma in esame è derogabile consensualmente, non solo mediante la previsione di forme di vendita diverse da quelle prescritte dal secondo comma, ma anche mediante la dispensa dall'intimazione al debitore ed al terzo garante e dal rispetto del termine per l'opposizione, il cui unico scopo consiste nel consentire al debitore ed al terzo datore del pegno di adempiere spontaneamente o di opporsi alla vendita, senza che l'omissione di tali forme faccia venir meno la riferibilità della vendita alla realizzazione della garanzia pignoratizia, purché essa sia il risultato dell'accordo intervenuto in proposito tra le parti per il soddisfacimento del creditore (cfr. Cass. III, n. 8721/2011; Cass. I, n. 13998/2008, la quale in applicazione di tale principio, ha confermato la sentenza di merito, la quale, preso atto dell'accordo intervenuto tra una banca ed il terzo datore di pegno per la vendita di titoli dati in garanzia ed il trasferimento del ricavato sul conto corrente del debitore principale, a riduzione del debito garantito, aveva escluso che tale accordo comportasse lo spossessamento della cosa data in garanzia e l'estinzione del pegno, negando pertanto la revocabilità del pagamento, a seguito del fallimento del terzo garante; conf. Trib. Salerno 30 marzo 2009, in Giur. merito, 2009, n. 6, 1605, con nota di D'agostino).

Nella medesima prospettiva, in sede applicativa si è ritenuto, ad esempio, che il termine previsto dall'art. 2797, comma 2, c.c. per procedere alla vendita della cosa costituita in pegno, non ha carattere di inderogabilità e, pertanto, può essere convenzionalmente abbreviato (Trib. Milano 23 marzo 2000).

L'opposizione del debitore

Entro cinque giorni dalla notifica dell'intimazione il debitore ha la possibilità di proporre opposizione.

Tale opposizione alla vendita della cosa data in pegno, prevista dall'art. 2797 c.c., ha sostanziale natura di opposizione all'esecuzione riconducibile all'art. 615 c.p.c., ed è quindi soggetta alle stesse regole processuali di quest'ultima (cfr. Cass. n. 17268/2018), compresa quella dell'appellabilità della sentenza che la conclude in primo grado — ripristinata, per le sentenza pubblicate a partire dal 4 luglio 2009, dall'ulteriore riforma dell'art. 616 c.p.c., di cui all'art. 49 della l. n. 69/2009 —, con conseguente inammissibilità del ricorso per cassazione proposto direttamente avverso la sentenza di primo grado. Ne deriva che l'opposizione in esame, al pari dei rimedi oppositori contemplati nel codice di rito, è assoggettata alla deroga prevista dall'art. 3 l. n. 742/1969, con riguardo alla sospensione feriale dei termini processuali (Trib. Nola sez. I, 10 maggio 2010).

Più in generale, la natura dell'opposizione alla vendita del bene oggetto di pegno implica che deve ritenersi legittima la proposizione, da parte del debitore, di questioni non soltanto di rito, ma anche di merito, con riferimento al diritto ex adverso azionato, con conseguente preclusione della ulteriore proseguibilità della procedura in questione, nel caso di contestazione della esistenza stessa del diritto vantato dal creditore privilegiato (Cass. II, n. 11893/1998, sulla base di un asserito credito da opere di revisione di un autoveicolo era stata proposta intimazione di pagamento ex artt. 2756, 2797 c.c., ma il debitore aveva, in tal sede, contestato la esecuzione stessa dei lavori, con conseguente pronuncia di improseguibilità della procedura di vendita coatta da parte del giudice di merito).

Si ritiene che le forme e le modalità della vendita, in mancanza di espresse indicazioni ricavabili dall'art. 2797 c.c., possano essere desunte dall'art. 1515 c.c. dettato in tema di esecuzione coattiva per inadempimento del compratore ed applicabile analogicamente alla specie (Realmonte, 669).

In ogni caso, nell'ambito della cd. esecuzione espropriativa mobiliare privata, l'oggetto del pegno può essere venduto direttamente al creditore, e non necessariamente a mezzo di persona autorizzata, al prezzo corrente di mercato, purché la cosa abbia un mercato (e salva la prova di vendita al di sotto del prezzo di mercato: cfr. Trib. Milano 23 marzo 2000, in Giur. milanese, 2000, 263).

Bibliografia

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